Vedevo il fuoco nei suoi occhi. Si gettavano qua e là, dissennati, in cerca di qualcosa o di qualcuno. Io ruotavo il caffè in quell’esile bicchierino di caffè e cercavo di far seguire ai miei occhi i suoi.
La sua bocca era ferma, congelata, paralizzata. L’aria era pesante e puzzava di ospedale. Il suo letto bianco e il mio caffè nero, come i suoi occhi.
Ci soffiai su. Il fumo danzò nell’aria arrivando verso il suo viso e i suoi occhi brillarono, quasi ne stessero bevendo un po’ anche loro. Il suo corpo ancora immobile, ogni tanto scosso da spasmi. Il mio pietrificato dai brividi.
Alzai il bicchiere.
-Questo lo bevo anche per te-.